LUIGI VANVITELLI E LA POLITICA DI PROPAGANDA MONARCHICA DEI BORBONE A NAPOLI


A duecentocinquant’anni dalla nascita di Luigi Vanvitelli il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi della Campania, da qualche anno intitolata proprio all’architetto borbonico, celebra questa ricorrenza con un bel volume collettaneo a cura di Giuseppe Cirillo, che fa parte della raffinata collana Storie d’Europa. Articolato in sei saggi ed in una bibliografia – iconografia ragionata, il lavoro ricostruisce con estrema cura scientifica l’azione, la personalità e l’opera di Vanvitelli nella prima metà del Settecento, offrendo al lettore la possibilità di conoscere quella che fu la politica di propaganda dinastica del ramo più piccolo dei Borbone d’Europa. In effetti è con Vanvitelli che prende l’avvio quell’intensa opera di magnificazione del Regno che, nell’idea di Carlo, doveva portarlo all’altezza delle altre corti europee. Tre sono gli uomini intorno ai quali il grande progetto si realizza: Vanvitelli, Tanucci, ed Acton. Proprio Tanucci, nel suo noto epistolario, ricorderà la tensione politica e sociale alla base delle scelte del sovrano spagnolo. Non si trattava unicamente di far fronte alla antica polarità tra Napoli e le periferie del Regno, quest’ultimo più volte descritto come un esile corpo dominato da una grande testa. Il re appariva conscio del fatto che le radicate teorie illuministiche richiedessero la progettazione, anche in campo urbanistico, di nuovi e rigorosi canoni geometrici, per celebrare fasti e gloria della dinastia e per offrire un più adeguato spazio in grado di ospitare la Corte, gli apparati burocratici ed i reparti militari. È proprio lo stesso Vanvitelli, ricordando quando nel 1750 gli venne affidato il progetto della nuova fabbrica della reggia di Caserta, a ribadire che «[…] le idee grandiose del re Carlo non si arrestavano solamente alla edificazione di quella sontuosa Reggia, e di tutte le sue delizie, egli ravvolgeva nella sua mente pensieri molto più grandi ed estesi, meditando non senza mire profondamente politiche, di fabbricare in quel sito medesimo una nuova florida città». Sotto questo profilo Giuseppe Cirillo, in due contributi, ripercorre l’opera di magnificazione tanto voluta dai Borbone, che si realizzerà innanzitutto attraverso un’imponente azione di propaganda politica e di campagna di comunicazione delle immagini che coinvolge Napoli, la nuova Reggia di Caserta, la creazione di diversi Siti Reali e, più in generale, un’ampia estensione territoriale che abbraccia molte province del Regno, siti archeologici, vedute, boschi e riserve di caccia. Non manca lo studio delle testimonianze dirette, realizzato attraverso il ricorso a vasti epistolari e carteggi fra Vanvitelli e il sovrano e fra Vanvitelli e gli uomini della sua squadra. Un passaggio decisivo nella nuova politica spagnola è costituito dalla realizzazione di spazi privati del re, che influenzeranno la stessa composizione della corte. Il re e la consorte decisero di prolungare la permanenza nei Siti Reali, dedicandosi ad alcuni rituali privati che si svolgevano alla presenza di gruppi ristretti di aristocratici come la caccia, il grand tour della Corte o il culto delle antichità. Tra questi indubbiamente la caccia rappresenterà in assoluto il più importante rituale monarchico, al punto che il sovrano non interromperà una battuta nei boschi nemmeno nella tragica circostanza della morte della madre della regina Maria Amalia. L’uomo che diede vita alla trasformazione della vita di corte è, senza alcun dubbio, Luigi Vanvitelli, architetto al quale è stata dedicata una letteratura sterminata e del quale nel saggio di Giuseppe. Rescigno viene tratteggiato il profilo personale e il suo genio artistico nei diversi Stati europei e poi nello stesso Regno. Questi temi tornano nel contributo di Angelo Di Falco, il quale si sofferma sulla scelta dei collaboratori, sulle maestranze e più in generale su tutto l’indotto che venne a crearsi nella realizzazione delle importanti opere architettoniche. La politica di propaganda monarchica viene anche analizzata attraverso lo strumento dello storytelling, contenuto nel saggio di Paola Viviani, Amalia Franciosi e Claudia Iodice che, utilizzando l’ampio carteggio fra Vanvitelli, il re e le maestranze, giungono a ricostruire con precisione le diverse fasi della realizzazione di imponenti opere, quali la costruzione della Reggia di Caserta e dell’acquedotto Carolino. Antonio Tisci si occupa invece di Vanvitelli quale interprete della realizzazione del progetto identitario di princìpi italiani che evocano l’eredità dei Farnese. I suggerimenti di Vanvitelli, tesi a realizzare una continuità identitaria culturale con i Farnese, verranno a realizzarsi solo dopo la Restaurazione e ad opera di Ferdinando I che, attraverso un’operazione sistematica di damnatio memoriae dell’iconografia del potere che aveva ispirato i sovrani precedenti, spingerà a ricercare la nuova identità appunto nei Farnese. Il volume si chiude con la bibliografia essenziale, molto ben ricostruita da Antonio Puca. La figura e l’intera opera di Vanvitelli, oltre a costituire il punto più alto della monarchia borbonica e della sua politica di auto rappresentazione, ci offrono anche un osservatorio privilegiato per comprendere il momento in cui è possibile fare dialogare la storia con il territorio. Quel percorso di realizzazione di grandi opere, di siti reali, che continuerà a lungo tra Caserta e Napoli fino alla metà dell’Ottocento, e che vede in Vanvitelli il massimo ideatore e realizzatore, offriranno a Terra di Lavoro una sua definitiva identità territoriale. La costruzione della Reggia e di tutto il rinnovato contesto urbano che da essa ne derivò, ma anche il Sito Reale di Carditello, l’acquedotto Carolino e, non da meno, la colonia e setificio di S. Leucio, grazie ad artisti, scultori, bozzettisti, pittori approderà velocemente in tutte le corti europee, dando così, attraverso immagini e resoconti dei viaggiatori stranieri, una nuova identità non solo ai Borbone, ma a Caserta ed alla sua provincia. Oggi più di ieri questo storico patrimonio materiale di bellezza rappresenta, deve rappresentare, un volano di crescita sociale ed economica per l’intero Mezzogiorno. Esso ha ancora bisogno di essere studiato, narrato, posto al centro degli interessi e delle opzioni delle istituzioni culturali e politiche ed affidato ad una generazione nuova di giovani che, anche il Dipartimento di Scienze Politiche, con i suoi percorsi universitari in Turismo, sta contribuendo a formare. Questo anniversario offre a noi, ma in particolare ai più giovani, l’opportunità per contribuire a ripensare ed orientare le nuove e necessarie scelte di valorizzazione in chiave economica e turistica del territorio. Per la comunicazione della bellezza ch’essi rappresentano e per il futuro della Terra di Lavoro e delle prossime generazioni.

Francesco Eriberto d’Ippolito
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